A poco a poco la montagna divenne il pane e il companatico della loro esistenza. Si allontanavano dal paese sempre di più, magari per quindici giorni filati, conducendo in montagna comitive di alpinisti, desiderosi di nuovi panorami e ansiosi di conquiste.
Li ingaggiavano senza stare a lesinare sul prezzo, sapendo di essere al sicuro perchè i due montanari il mestiere lo sapevano fare. Conoscevano tutti i passaggi ed erano gelosi dei loro piccoli segreti. Se trovavano un ometto di sassi, eretto da un loro concorrente per orientarsi nel dedalo dei sentieri appena abbozzati e delle roccette, facevano presto a smantellerlo. Erano loro i primi autentici signori di quella zona. D'altro canto, oltre ad essere bravi, pur se tagliati con l'accetta, i due Nicolussi erano simpatici. Sapevano dire la loro battuta al momento giusto, accettavano con innata filosofia le incognite della vita di montagna. Avvertivano sopratutto il senso della responsabilità ancora prima di diventare guide effettive ,le prime patentate cui si sarebbe aggiunto anche Nino Pooli , la notissima guida di Covelo di Terlago. Bonifacio e Matteo non erano certo i tipi da mettere a repentaglio la propria pelle: figurarsi se avrebbero osato giocare con quella degli altri. Piano pianino, la loro fama si estese, la concorrenza in pratica era inesistente, i clienti non mancavano. Compton, incontrando Matteo Nicolussi ebbe fiducia in quell'omone sbrigativo, una fiducia ben ripagata, tanto che nel 1882, il 19 luglio, il pittore inglese in compagnia di Alberto de Falkner, con Matteo e Dallagiacoma guide, per la Vedretta dei Camosci mise piede per primo sulla prima cima del Crozzon di Brenta.
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